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Itinerario e luoghi visitati
Sorrento
Imbarco dalla Marina Piccola di Sorrento con Welcome on board dello skipper che parla inglese.
Il tour si apre con la visita ai Bagni della Regina Giovanna, uno dei luoghi più incantevoli di questa bellissima e rinomata cittadina costiera. Il paesaggio è composto da un’enorme scogliera che racchiude un’incantevole piscina naturale, a cui si accede dal mare attraverso un arco di roccia.
Si giunge successivamente alla Baia di Puolo dall’acqua cristallina. La spiaggia, con panorama sul Vesuvio, ha una superficie fatta in prevalenza di ciottoli e sabbia e il suo piccolo borgo è costituito per lo più da case di pescatori.
Massa Lubrense
Protesa verso l’isola di Capri quasi a volerla toccare, contornata da circa 20 Km di costa bagnati dai due golfi di Napoli e di Salerno è possibile ammirare Massa Lubrense con il suo panorama unico e incantevole. Si passa per Capo Corbo e la sua piccola e suggestiva cascata naturale.
E’ prevista poi una sosta per un piacevole tuffo nelle acque cristalline del Fiordo delle Sirene. Cullati dal dondolio del mare sarete condotti alla scoperta di un vero e proprio paradiso dal quale è possibile scorgere gli agrumi di questa splendida terra e, se il vento è favorevole, percepirne addirittura l’odore
Arrivo a Sorrento e sbarco.
Nel dettaglio
Tour lungo la costa della costiera sorrentina, tra terrazze tufacee a picco sul mare ed insenature scavate dal tempo tra storia, mito, cultura, archeologia e tradizioni; qui la presenza millenaria dell’uomo ha lasciato tracce di grandissimo valore antropologico, storico e archeologico.
Si parte dalla Marina Grande di Sorrento, un antico borghetto di pescatori. Esso è separato dal resto della città da un promontorio su cui un tempo sorgeva la villa del nipote di Augusto; vi si accede attraverso un’antica porta (del III secolo a.C.) in grossi blocchi di roccia calcarea. La leggenda vuole che i pirati turchi saccheggiarono Sorrento penetrando proprio attraverso questa porta lasciata aperta di notte da un servo traditore.
Dopo pochi minuti è possibile ammirare i “Bagni della Regina Giovanna”. Il nome, secondo la leggenda, è dovuto alla Regina Giovanna D’Angiò, sovrana di Napoli; pare che tra il 1371 ed il 1435, spesso la Regina si recava in villeggiatura in questo luogo. La Sovrana, nota per i suoi atteggiamenti scandalosi, si racconta che amasse intrattenersi a lungo in queste acque in compagnia dei suoi giovani amanti (l’affascinante conca è stata inoltre, nel 1955, protagonista dell’incontro clandestino tra Sophia Loren e Vittorio De Sica nel film “Pane Amore e..”. .) I Bagni della Regina Giovanna sono uno scrigno di storia ed ospitano i resti di un’antica villa romana, il cui nome era “Villa Pollio Felice”, che sorgeva proprio sul promontorio del capo di Sorrento. Risalente al I° sec a.C., la villa aveva una superficie di circa trentamila metri quadri ed era divisa in due parti: la domus marittima e la villa immersa nei campi. La parte abitativa oggi è ancora in parte sepolta sotto un vasto vigneto e dei vari ambienti si possono scorgere solo fragili brandelli di muratura. Da questa vasta terrazza che dominava lo scenario del Golfo di Napoli attraverso un lungo corridoio (ambulatio) si accedeva agli ambienti sottostanti. L’area del porticciolo che oggi conserva poche tracce delle antiche strutture, fu costruita in maniera da poter raggiungere la terraferma agevolmente. Ma sembra che sullo stesso scoglio vi fosse una struttura provvista di ambienti di relax e di soggiorno. Una sorta di alcova intima e appartata, ma collegata comunque alla villa. Durante il VI secolo dopo Cristo in questa zona venne edificata una struttura per la sorveglianza della costa. Di questa restano poche tracce ancora oggi.
Ed eccoci arrivati al largo della Marina di Puolo, essa trae il suo nome dal romano Pollio Felice, illustre esponente di una nobile famiglia di Pozzuoli e proprietario di una villa i cui ruderi sono ancora visibili nelle vicinanze, in località Calcarella. Il piccolo borgo è costituito per lo più da case di pescatori. La spiaggia, con panorama sul Vesuvio, ha una superficie fatta in prevalenza di ciottoli e sabbia. E poi Capo Massa, località di Massa Lubrense, sul cui promontorio spicca Villa Angelina, dimora del grande armatore Achille Lauro; proprio qui, dal grande belvedere a picco su mare, il Commendatore era solito seguire la navigazione delle sue navi che, in partenza dal porto di Napoli erano solite deviare la rotta per rivolgere il famoso “inchino” di saluto (3 fischi lunghi) alle famiglie degli equipaggi imbarcati. Tra la fitta vegetazione spicca “Torre del Capo Massa”, a poche decine di metri dal livello dell’acqua, un rudere di una torre quadrangolare, la prima di una lunga serie di torri di avvistamento fatte costruire dall’Università di Massa Lubrense, per lo più nel XVI secolo. Essa come tutte le torri successive furono costruite in seguito alle incursioni dei feroci pirati saraceni fra il IX e il XVI secolo, con periodi di relativa calma alternati a periodi di recrudescenza del fenomeno. Per la maggior parte furono costruite nel ‘500, ma le più antiche risalgono al ‘200 e qualcuna è addirittura precedente. Essendo all’epoca una delle zone più ricche e più densamente abitate di tutto il meridione, lungo la costa della Penisola furono costruite oltre 50 delle quasi 400 torri esistenti in tutto il Regno di Napoli, da Gaeta all’Abruzzo. Queste costruzioni si dividevano in due grandi categorie: torri di difesa e torri di guardia. Come è facile intuire le prime sorgevano vicino ai centri abitati, avevano una guarnigione e spesso batterie di cannoni.
Le altre invece erano più piccole, avevano pochi uomini di guardia, e sorgevano spesso in località difficilmente raggiungibili, ma in ottima posizione per sorvegliare grandi tratti di mare. Solo nella prima metà del XVI secolo si tentò di dare un ordinamento globale alle strutture difensive costiere. Nel 1537 il Vicerè Pedro de Toledo ordinò che fossero costruite torri costiere per difendersi dai Turchi.
La maggior parte delle torri furono però edificate solo a seguito dell’editto del 1563 emanato da Don Parfan de Ribera Duca d’Alcalà che ne impose la costruzione. Su indicazione dei Regi Ingegneri si sarebbero dovute costruire torri in vista l’una dell’altra in modo da costituire nell’insieme una ininterrotta serie di fortificazioni “affinché vedendo fuste facessero fuoco di continuo et che tutte dette torri dovessero corrispondere l’una con l’altra nel tirar li mascoli et nel far fuoco“. Inoltre, ove era possibile, erano previsti servizi di ronda notturni effettuati a cavallo da torre a torre dai cosiddetti cavallari.
Racchiuso in un’insenatura naturale della costa, l’antico borgo marinaro di Marina della Lobra è sovrastato dal Santuario della Lobra, a cui deve il suo nome. L’abitato, un agglomerato di case variopinte, popolate ancor oggi in prevalenza da pescatori, si sviluppa tutt’intorno alla gradinata che conduce dalla chiesa fin giù al mare, e offre agli occhi del visitatore uno spettacolo senza dubbio pittoresco, nel suo insieme di suoni, colori e odori dal fascino tipicamente Mediterraneo. Il porticciolo della Lobra è protetto a Ovest da una scogliera che poggia sulla parete rocciosa di capo Corbo dominata da Torre Toledo che fa parte del sistema di torri di avvistamento saracene disposte lungo la costa in epoca aragonese. Questa torre era in realtà preesistente, risale per l’esattezza all’epoca angioina e fu poi adattata dagli aragonesi a scopo di difesa. Proprio di fronte a questo piccolo porto naturale sorge lo scoglio del Vervece. Il suo nome deriva dal latino vervex, “caprone”, un vero e proprio santuario marino. Ai piedi dello scoglio è posizionata una Madonnina (questa statua fu posta su una parete dello scoglio, a 12 metri di profondità , nel 1975 per volere di Enzo Maiorca, che l’anno precedente aveva ottenuto il record mondiale di profondità in apnea proprio nella specchio d’acqua intorno al Vervece), tutti gli anni, infatti , la prima o la seconda domenica di settembre, alla presenza delle massime autorità cittadine, dopo una celebrazione liturgica, un sub si immerge e depone ai piedi della statua una corona di fiori. Tutte le barche intorno fischiano in segno di omaggio e gettano in mare fiori recisi in ricordo di coloro che hanno perso la vita in mare. La leggenda narra che le donne della Marina della Lobra, per proteggere le proprie case da burrasca e mareggiate, decisero di tirare a riva il Vervece. Prepararono delle enormi funi e si disposero sulla spiaggia donne, vecchie e bambine. A nulla valsero i tentativi degli uomini di farle desistere, le donne “tenevn a’capa tosta”. Cominciarono a tirare e tirare, ma il gigante non si muoveva di un passo. E tirarono …e tirarono ancora, fino a che… le corde si spezzarono e le donne finirono a gambe all’aria, battendo il fondoschiena a terra. Da quel giorno, si dice che tutte le donne della Lobra abbiano il sedere piatto.
Prima di raggiungere Punta Lagno propriamente detta, la costa forma un’insenatura, ‘a Cala ‘e l’Acqua o ‘a Piscina, e presenta una parete non troppo alta, ma a picco. Nella parete a picco sulla destra si vede invece sgorgare da una ritenuta in pietra viva, un piccolo salto d’acqua, una volta potabile, che da il nome alla baietta. La roccia è coperta di muschio e l’acqua gelida della Cascatella trasuda anche dalla parete. Pare che quest’acqua sia stata convogliata lì molti secoli fa per mezzo di un acquedotto con lo scopo di approvvigionare le imbarcazioni che si recavano a Punta della Campanella e a Capri. La nostra navigazione continua sino a Punta Campanella, un territorio di storia e leggende: secondo l’Odissea qui Ulisse incontrò le Sirene ammaliatrici, i Greci vi innalzarono un tempio alla dea Atena, poi convertito dai Romani al culto della dea Minerva. Nel 1300 qui fu costruita una torre che aveva lo scopo di avvistare e lanciare l’allarme in caso di incursioni dei Saraceni che arrivavano dal mare.
Sulla cima della torre fu messa una Campanella che suonava in caso di allarme propagando il segnale alle altre torri posizionate lungo la costa. Sul pianoro di Punta Campanella e visibile una fenditura nella roccia da dove parte un’impervia scalinata che porta fino ad una scogliera collegata a grotte e anfratti sul livello del mare.
Qui attraccavano le navi cariche di libagioni da offrire alla dea Minerva. Alzando lo sguardo lungo il costone roccioso, con un po’ di attenzione potete scorgere una scritta in Osco incisa sulla pietra che indicava il punto di approdo per il Santuario della Dea Minerva. Dal 1997, per la ricchezza dei suoi fondali è diventata area marina protetta.